Rileggere Piccole Donne a 30 anni

Rileggere Piccole Donne a 30 anni

di Monica Amendola

Come affermato da Greta Gerwig, regista dell’ultimo film sulle Piccole Donne, rileggere questo libro a 30 anni ne da un’impressione completamente diversa. Non lo fa più sembrare quella favola che era per chi lo ha amato da bambino, bensì rende meglio l’idea di ciò che è stato aggiunto per esigenze editoriali. Eppure, non per questo risulta meno bello.

Perché “Piccole Donne” non è, come si sente dire molte volte, solo la storia di “4 ragazzine che attendono il principe azzurro”. È, sì, un libro per bambine e adolescenti, ma può essere letto anche da adulti senza trovarlo mai banale. È necessario, pertanto, un distinguo fra la storia pensata dall’autrice e il suo adattamento editoriale in vista della pubblicazione.

In effetti, nonostante il cambiamento sociale intercorso dall’epoca in cui fu scritto, il libro contiene una serie di aiuti molto attuali per educare i giovani. Religiosi o no, diversi suggerimenti possono essere adattati anche al mondo odierno, e venire seguiti da genitori o educatori di ogni estrazione sociale. Un esempio? La maggior efficacia che l’esperienza diretta può avere rispetto a un lungo sermone, come mamma March dimostra in diverse occasioni, simpaticamente infliggendo questa sorta di punizioni creative alle figlie che si dimostrano più testarde. Perché in effetti, e qui sta la peculiarità del libro, mamma March non educa le figlie soltanto ad essere brave mogli, bensì, principalmente, brave persone, in un modo universalmente valido anche ai nostri giorni.

Non dimentichiamo che stiamo parlando di un libro scritto nell’ ‘800, parte integrante degli standard dell’epoca. Pertanto non è dunque strano trovare ragazze come Meg, che sognano il principe azzurro, ma non dobbiamo dimenticare l’esistenza di altrettante Jo. Ed è proprio in Jo che si annida l’essenza del libro. Non solo perché è considerata l’alter ego dell’autrice – che non si sposò mai – ma anche perché Jo è il personaggio più progressista, soprattutto per la sua avversione ai canoni della società. È perciò pensabile che nessun editore dell’epoca avrebbe pubblicato uno scritto che incoraggiasse un cambio di abitudini, soprattutto a favore delle donne. Non dimentichiamo che l’America di Louisa May Alcott è l’erede del Paese della “Lettera Scarlatta” di Nathaniel Hawthorne; e chiunque abbia letto questo libro ricorderà il destino di Esther: ogni comportamento non in linea con i costumi della società andava soppresso.

Ecco forse spiegato il motivo per cui Louisa May Alcott decise di piegarsi alle esigenze editoriali. Ecco spiegata anche la presenza dello “spirito americano”, patriottico, libero e democratico così fortemente sottolineata un po’ dovunque nel libro (a partire da papà March che si arruola nella Guerra di Indipendenza anche se troppo vecchio per combattere). Ecco spiegata, ancora, la descrizione degli inglesi come eccessivamente altezzosi (vedasi Fred Vaughn). Ecco spiegata anche la morale protestante della famiglia March. Ed ecco spiegata, infine, la volontà di far sposare Jo a tutti i costi. Leggere “Piccole Donne” da adulti significa mettere tutti questi aspetti in evidenza, anche prima delle storie personali delle 4 sorelle. Questo è il motivo per cui l’ultimo film ne ha fornito una chiave di lettura molto interessante e, a mio parere, intelligente, inserendo il matrimonio di Jo come una cortesia all’insistenza dell’editore.

In conclusione, “Piccole Donne” è erroneamente considerato un libro per ragazzine; anche considerata l’attenzione che viene dedicata al personaggio di Laurie, pensarlo come una storia conservatrice non gli rende giustizia. Non dimentichiamo, inoltre, che l’autrice stessa era probabilmente omosessuale. È un libro molto più progressista di quanto a una prima analisi possa sembrare, più di molti altri scritti nella stessa epoca. Perdersi questi dettagli significa perderne il senso.

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Autore dell'articolo: Administrator

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