Non si possono vendere i cani morti di Massimo Angiolani : Diego Diavolani è una pessima persona con qualche momento buono, o forse è una buona persona con momenti pessimi. Il decennio dei ’90, dai suoi venti ai trent’anni, con la messa a fuoco su tre significativi periodi:
– il servizio civile come contromossa all’anno obbligatorio da militare. Chi obiettava era considerato un vigliacco, “se non sei buono per il re non lo sei neanche per la regina” ti dicevano;
– il declino della prima storia d’amore importante, e Diego Diavolani che a picconate ne indebolisce le fondamenta e al contempo tenta di cementarne la struttura con incanti adolescenti e nostalgia;
– la nascita della figlia, un legame inaspettato e definitivo, al di sopra di ogni scelta.
Il costante senso di non appartenenza ad alcun posto, le ambizioni da scrittore e il terrore di non essere abbastanza bravo, il bisogno istintivo di mettersi a repentaglio, le fughe con qualsiasi mezzo, le paure, le debolezze, i limiti: Diego Diavolani ci galleggia, li cavalca e li scavalca. Uno scollamento sistematico dalla realtà perseguito con arroganza, cinismo e rabbiosa disperazione.
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